Ciao mondo!!

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Una boccata di aria buona

Vai a qualche finesettimana fa.

Un sabato pomeriggio, per l’esattezza. In fila alle casse del supermercato, aspetto che la ragazza che mi sta davanti finisca di scaricare il suo enorme carrello strabordante di cibarie ad elevato contenuto calorico. La fanciulla è in forma smagliante. Non appena finito di allineare sul nastro l’ultima bottiglia delle innumerevoli qualità di bevande gassate che troveranno posto in un frigo, immagino, piuttosto capiente, la biondina ghermisce dagli scaffali che stanno sulla cassa un pacchetto di Marlboro e poi posiziona alla fine della sua scorta di cibo settimanale la consueta barra di plastica con la scritta “nächsten Kunden (“prossimo cliente”). Mentre anch’io ho accesso ad alcuni centimetri quadrati di superficie scorrevole per posizionare i miei acquisti mi godo un siparietto magnifico.

Nessun problema per il gelato, passi l’intera collezione di formaggi molli e cremosi, scivola veloce sul lettore di codici a barre la nutella ma, attenzione!, per le sigarette serve proprio che la giovine fornisca un documento. Ed allora è tutto un rossore di gote e sorrisi che vanno dall’imbarazzo al compiacimento perché è pur sempre un piacere che chi ti osserva voglia accertarsi che tu abbia almeno 18 anni, tanti quanti ne servono per decidere in proprio se il fumo è qualcosa che può andar bene oppure no!

 

Vai al sabato successivo.

Se fosse un romanzo leggero, quasi da ombrellone, mi ritroverei quella stessa fanciulla ancora una volta e partirebbe chissà quale storia. E invece la biondina chissà dove si trova in questo momento ma il suo bel faccino mi torna in mente insieme a tutte le moine e le espressioni di contorno alla frenetica ricerca del documento. Insomma, non voglio girarci molto intorno ma stavolta la mano che afferra il pacchetto di sigarette è proprio la mia, io che tossisco quando qualcuno mi spara accidentalmente il fumo in faccia. Chissà, magari anche io dovrò provare quel senso di compiacimento, inoltre sono appena sbarbato e dimostro forse un paio d’anni di meno, la cassiera lo chiederà anche a me un documento? Nein, meine Freunde! No! Ma adesso le sigarette devo anche pagarle e portarmele a casa.

 

E si comincia così ad accenderne una ogni sera, solitamente dopo cena, e poi due, una appena tornato a casa e una dopo cena, e poi tre, una appena tornato a casa, una dopo cena e una prima di andare a dormire.

No, se qualcuno me lo chiede rispondo che non fumo, che faccia tosta!

Eppure sapete che c’è? Che in quei 3-5 minuti faccio i pensieri più razionali della giornata, e poi vuoi anche mettere che finalmente ho un motivo per starmene un po’ seduto in balcone la sera? (Per buona creanza tacerò sul celeberrimo effetto lassativo)

Dicono che i pellerossa fumassero insieme la pianta del tabacco in rituali in cui si rafforzava lo spirito di fratellanza tra i vari membri della tribù. Che sia vero o no, ecco spuntare il vicino che ti racconta di come abbia smesso almeno una decina di volte e poi abbi subito ricominciato, la vicina che ti chiede se per favore gliene offri una, o ancora la signora del palazzo di fronte, anche lei con suo bel mozzicone fumante, che ti fa un cenno con la mano e per un attimo siete legati da una nicotinica corrispondenza. Colleghi con cui non hai mai avuto un gran dialogo che si scoprono improvvisamente loquaci con i neuroni annebbiati da catrame, monossido di carbonio e decine di altre tossicissime schifezze.

 

Mi perdonino Lor Signori se sembro declamare le lodi di un così poco salutare passatempo ma, tra tutti i modi per cominciare a fumare, questo mi sembrava senza dubbio uno dei più curiosi.

 

In fondo, rimango sempre un accanito oppositore del tabagismo.

 

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Ritorno a casa

Tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro, quando nell’istante in cui pensi “per oggi ho finito” ti vedi già disteso tra la morbida imbottitura della poltrona, scarpe e vestiti ammonticchiati sul pavimento, attaccato ad una bottiglia d’acqua fredda.

La bellezza di tale visione e l’urgenza con la quale si anela la sua immediata realizzazione presupporrebbero che lo spostamento tra il punto A (luogo di lavoro) e il punto B (casa) avvenga in un intervallo di tempo relativamente breve.

Così non è.

A partire dal recupero della cara mountain bike, il cammino è scandito da passi lenti e sguardi verdi al prato che circonda il parcheggio riservato alle biciclette. Su questo, corvi a beccare il terreno e talvolta scoiattoli e lepri. Immagini solo apparentemente irreali e bucoliche ma concerete e reali. La distanza che separa la bicicletta dall’uscita dell’istituto è misura dell’orario d’arrivo al lavoro: più vicina all’entrata se sei arrivato presto, infinitamente lontano se la sveglia ti ha fatto un brutto scherzo. Quest’oggi mi tocca camminare parecchio.

Mentre mi immetto sul viale che porta all’uscita dal campus, penso che sia il caso di riparare al più presto i freni. Eccola lì, la solita fila di macchine ferme davanti alla barra del parcheggio, prendo l’uscita riservata alle ambulanze anche se mi hanno già multato una volta. Svoltando sulla destra mi immetto sul ponte che attraversa il fiume: sebbene sia un paesaggio in cui mi immergo ogni giorno continua ancora a sorprendermi questo corso d’acqua tra le colline alberate. Il castello fa da sfondo mentre una barca a vela risale la corrente andando di bolina.

Dopo il ponte incontro il primo dei semafori che si divertono a virare dal verde al rosso appena sto per avvicinarmi ma anche in questo caso l’attesa non è malvoluta perché posso dedicarmi ad uno dei miei passatempi preferiti: guardare le facce ( di chi aspetta con me o dall’altro lato della strada): di solito la gente mi guarda stupita e perplessa.

Attraverso alzandomi sui pedali per evitare gli scossoni alla schiena causati dai binari del tram e percorro il lungo viale alberato che, attraversando una piazza fiorita e un parco giochi, arriva fino alla deviazione imposta da un cantiere aperto, dicono, in era giurassica (sì, capita anche in Germania!).

Svolta a destra e passaggio davanti al “Merlin” e allo “Sky Lounge”, locali chic per serate glamour dove trovi gente cool, insomma roba per fighetti con cui a volte cerco di interagire. Risultati pessimi ma questo non è per nulla una sorpresa. Sempre a destra la Polizei Direktion con il solito gruppetto di poliziotti con panza e sigaretta di ordinanza. Ma non c’hanno niente da fare?

Ultima serie infinita di semafori e poi dritto su un altro viale, altri alberi, altro parco giochi per bambini chiassosi e mamme logorroiche prima di imboccare, finalmente, la strada di casa. Ingresso nel cortile e ricerca di un posto-bici. Anche qui chi prima arriva meglio alloggia, nello specifico trovi un posto al riparo dalla pioggia. E da queste parti è una gran cosa.

Ci siamo. Io e il portone di casa, basta solo far scattare la serratura ma, sebbene sia passato più di un anno dal trasloco, devo ancoraprovare tutto il mazzo prima di beccare la chiave giusta.

 

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Un paese di predestinati

Lungi da me commentare il risultato delle elezioni (perché questo lo fanno giá abbondantemente in televisione), quello che propongo é un analisi approfondita delle radici di questo ennesimo successo di una destra populista, razzista e sfacciatamente disonesta. Conflitto di interessi mediatico? L´immane potere economico nelle mani di Mr B? L´appoggio sempre piú alla luce del sole che le mafie forniscono alla destra?

No, tutto questo non c´entra o forse ha un’influenza del tutto marginale.

La ragione di una cosí totale affermazione della destra italiana va individuata molto indietro nel tempo, ma proprio parecchio indietro!

 

Nel sesto giorno della creazione del mondo Dio plasmó gli uomini dalla terra e li aggregó in popoli distribuendoli sui continenti. E Dio decise di concedere due qualità per ciascun popolo, una caratteristica che li contraddistinguesse dagli altri.

Fu cosí che gli americani sono da sempre forti militarmente e fieri amanti della patria e i giapponesi puntuali e dediti al lavoro come nessun altro popolo che vive sulla Terra.

Venuto il turno degli italiani, il Signore Iddio diede per un attimo l´impressione di essere titubante ma poi pronunció risoluto le sue parole che andarono a fissarsi come inchiostro di fuoco sulla pergamena  che San Pietro reggeva tra le sue mani. E Dio disse: gli italiani saranno onesti, gli italiani saranno intelligenti, gli italiani voteranno per Berlusconi.

E il silenzio tornó tra le nubi quando l´eco delle parole del Signore Iddio si spense.

San Pietro, con il volto basito e le mani che si contorcevano tra le pieghe della tonaca, non fu in grado di tradire l´imbarazzo per l´ardire delle parole che stava per pronunciare.

Dio del Cielo e Signore della Terra, avevi chiaramente espresso la volontà di concedere ad ogni popolo due privilegi ma, ecco, tu ora riempi con tre delle tue grazie gli italiani. Vuoi forse che essi siano i dominatori del mondo?

Fulmini, uragani e terremoti erano pronti a colpire lo sventurato Pietro e gettarlo negli inferi per la sua lingua senza freno ma nulla accadde. E fu la parola del Signore Iddio a proferire la piú saggia delle sentenze.

Dici bene, caro Pietro. Il Dio dell´universo e del tempo non puó concedere disparitá fra le sue creature. Cosí sia scritto: ciascun italiano non potrá disporre di piú di due dei privilegi che la mia parola ha concesso.

E fu cosí che, fin dalla creazione del mondo, un italiano intelligente che vota per Berlusconi non puó essere onesto, mentre un italiano onesto che vota Berlusconi non puó essere intelligente. Ne consegue dunque, che un italiano onesto e intelligente non puó votare Silvio Berlusconi.

 

Che ognuno tragga le dovute conclusioni da questa approfondita analisi delle recentissime elezioni, da parte mia credo che ben pochi italiani abbiano scelto di essere onesti e intelligenti.

 

E poiché la speranza di un cambiamento non puó per sua natura venire meno, aspettiamo con impazienza la fine di questa orribile terza fase del berlusconismo (vedere Luttazzi per credere).

 

 

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Come in America…anzi, anche meglio.

Ritorno a farmi sentire dopo un prolungato silenzio dovuto a ritmi lavorativi difficilmente sostenibili che mi provocano occhiaie da collezione, perdita del sonno, stress diffuso.
Ne approfitto soprattutto per una segnalazione.
 
Anche se al di fuori dai confini natii, giunge alle mie orecchie innocenti la roboante eco di uno spot un po’ fiction e un po’ cazzata messo in onda da Intesa-Sanpaolo.
 
 
 
Inutile descrivervi l’irritazione, lo sdegno…il moto di rotazione e rivoluzione alla vista di questo scempio, a questa rappresentazione falsa e pericolosamente subdola del mondo della ricerca e della tecnologia in Italia. Rabbia e proteste, anche un gruppo su facebook aperto da un collega italiano che lavora nel mio stesso istituto.
 
Chiunque abbia messo piede almeno una volta in una scuola o università pubblica da Trieste a Trapani sa benissimo in quali condizioni si lavori nei laboratori di ricerca. Chi sceglie di andare all’estero lo fa perchè consapevole di trovare una realtà completamente diversa, ricca non solo di risorse finanziarie ma anche di idee, opportunità, motivazioni, sana competizione.
I ricercatori italiani si trovano in ogni parte del mondo, sono stimati e apprezzati per le loro qualità ma, allo stesso tempo, rimpiangono di essere privati della possibilità di svolgere il proprio lavoro in patria.
La voglia di tornare c’è e ci sarà sempre, questo è innegabile ma far credere a chi guarda uno spot in televisione che se un ricercatore decidesse di tornare in Italia troverebbe ad aspettarlo un laboratorio di alto livello "come in America anzi, anche meglio!" è pericoloso e offensivo per tutti coloro che sono costretti a lascare la propria casa, gli affetti, tutta una vita.
Verrebbe da chiedersi…ma allora perchè i nostri cervelli in fuga non tornano tutti in patria a far grande l’Italia? 
Io invece mi chiedo…ma se decidessi di tornare in Italia, chi finanzierebbe per le mie ricerche un laboratorio attrezzato "come in America anzi, anche meglio!"? Forse la banca Intesa-Sanpaolo?
Ma soprattutto, come farei ad avere un posto all’università se quel posto è già sicuramente assegnato al figlio del barone di facoltà, al nipote del boss, al cugino del politico?
 
Tutte queste domande hanno risposte molto chiare. Basterebbe sapere come finisce la storia, esattamente quello che lo spot ha deciso di omettere ma che io posso liberamente mostrare.
 
 
 
Adesso sì, è tutto tornato alla normalità!
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Cosa nobilita l´uomo?

Da tempo avevo in mente di scrivere qualcosa riguardo il mondo del lavoro ma mi riservo di farlo con accuratezza maggiore e con piena luciditá: al momento non ne sarei capace.
Esco appena adesso dall´ufficio del capo, col quale ho avuta una delle classiche conversazioni ai limiti del paradossale. Incredibile come opinioni e punti di vista possano essere talmente inconciliabili quando si dibatte di scienza, materia che, per sua stessa natura, dovrebbe basarsi su affermazioni provate sperimentalmente.

Sappiamo benissimo che cosí non é mai.

Il problema é atavico, universale, trasversale.
Da una parte l´incarnazione dell´esperienza, il lato della scrivania con la poltrona ergonomica e stra-comoda, l´ebrezza del comando.
Dall´altra l´entusiasmo di chi ancora non ha fatto il pieno di frustrazioni, una migliore conoscenza delle nuove tecnologie, la presunzione di chi, facendo il lavoro sul campo, ritiene di poter meglio analizzare ció che accade.

Difficilmente si giungerá ad un punto di incontro.
Di buono c´é che, appena messo fuori il piede da quell´ufficio, sono ancora piú convinto della bontá delle mie idee.

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Io vedo

Questo inverno mi sta mettendo a dura prova. Contempla il gioco della sopportazione e il superamento di difficoltà impreviste che avrei volentieri riposto nel cassonetto delle necessità immaginarie. Leggo di entusiasmi diffusi attorno al centro Italia per una inattesa profusione di fiocchi gelati, quell’entusiasmo che mi inebriava a pochi mesi dal mio arrivo in una locazione geografica a nord dell’arco alpino. Pochi giorni per calarsi nei disagi che la neve candida nasconde sotto la superficie quando si trasformerà in una poltiglia fangosa. Eppure basta un guanto nero, una sosta ad un semaforo rosso e un’ occhiata meno superficiale per rendersi conto che non servono microscopi o potenti lenti per vedere forme incredibilmente complesse e affascinanti come queste.
 
 

Credo che si debba applicare la medesima attenzione agli eventi che si susseguono continuamente.

Anche quando non si è fermi ad un semaforo

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La notizia tira

Ad Haiti è successo qualcosa di molto grave.


L’ho intuito dalle poche informazioni che sono stato in grado di raccogliere su internet contro la mia stessa volontà. Non mi piace il sensazionalismo con cui certi fatti vengono raccontati, non mi piacciono le interviste alla gente in preda al panico e alla disperazione, non mi piace essere bombardato dalle sottoscrizioni, dalle raccolte di fondi organizzate -una diversa dall’altra!- da ogni tiggì, giornale, radio, tivù e vip di turno. A nessuno viene in mente che avrebbe più senso concentrare le energie in una gestione unica e coordinata? Cos’è? la gara a chi è più buono?
E poi la parte che in assoluto mi disgusta di più: la conta dei morti.
Il bilancio delle vittime è come un’asta in cui tutti giocano al rialzo. Con animosità un corrispondente da New York si è lasciato sfuggire l’ipotesi di un numero di vittime che potrebbe arrivare al mezzo milione.
Adesso le stime parlano di un bilancio che oscilla tra i cinquanta e i centomila morti.
Ma stiano tranquilli i media.

Rimane comunque una tragedia orribile.
 

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Chi sono gli abitanti di Rosarno?


(Il Fatto Quotidiano, 10.01.2010)

versione ingrandita qui (forse)

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Blogger silente

Le vacanze sono finite ed io sono tornato.

In realtà mi godo una latitanza ingiustificata solo per il gusto di far finta di non avere nulla da dire perché se dicessi qualcosa in questo momento potrei farlo selezionando le parole meno appropriate.

Metteteci anche che la neve mi intorpidisce i pensieri e il grigiore diffuso in cui arranco in questo orrore meteorologico sublima la mia creatività impedendo qualsiasi forma di produzione scritta e inducendo un eloquio carente (fortunatamente non posso offendere le vostre orecchie con i suoni inarticolati che escono dalla mia bocca). I vostri post si accumulano ad una velocità poco in sintonia con le ridotte facoltà mentali di cui dispongo in questo momento – credo di averne persi in numero piuttosto ragguardevole ma di questo non devo chiedere scusa a voi quanto rimproverare la mia scarsa voglia di attivare le sinapsi gelate.

In compenso mi rifugio in letture di un certo spessore sebbene finiscano per incupirmi. Per questo ho acquistato “Alice nel paese delle meraviglie”. Spero di risvegliare un che di infantile che mi risollevi un po’.

Auguro a tutti un buon anno.

 

(la foto è di Stefano)

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